Palazzo Loffredo Adorno

In via Umberto I, proprio davanti alla facciata di palazzo dei Celestini, si erge un elegante prospetto bugnato, dalle sobrie linee rinascimentali: è quello di Palazzo Adorno, la residenza signorile più prestigiosa della Lecce cinquecentesca.         

Le potenti famiglie dei Loffredo-Adorno e i dirimpettai Padri Celestini costruirono nello stesso periodo le loro sontuose architetture, ponendole nel bel mezzo della “Giudecca” sui resti dell’insediamento ebraico.   

Dopo l’espulsione definitiva della comunità ebraica nel 1541, il quartiere da loro abitato (yudaica) fu investito da un’ondata di eccezionale rinnovamento urbano: in prossimità della sinagoga, i Celestini consacrarono alla “Santa Croce” questo pezzo di città e gli Adorno affiancarono a quel vessillo cattolico la loro aggressiva presenza laica.

Nata per costituire la residenza in città di Ferrante Loffredo, già governatore di Terra d’Otranto, ancora incompleta, passò a Giovanni Matteo Adorno, che l’abitò dal 1565 fino alla sua morte. Seguì un avvicendamento di illustri proprietari, i quali ampliarono e modificarono il palazzo, fino a conferirgli l’aspetto che attualmente vediamo.

La facciata, a due piani, è caratterizzata da un paramento murario lavorato a bugne lisce, scandito da undici alte finestre, di cui quelle al piano rialzato sono direttamente appoggiate su un severo basamento concluso da un “toro” semicircolare, che rimanda all’architettura militare.  Il portale e il soprastante balcone furono aggiunti nella seconda metà del 1700 dalla famiglia Personé, che volle qualificare in chiave barocca la propria presenza nel palazzo rinascimentale. 

L’androne è coperto da una volta a botte lunettata, cordonata in chiave con “rosette” avvolte in un nastro spiraliforme. Molti altri pregiati dettagli decorativi lo contraddistinguono: bugne quadrate “a cuscinetto”, l’arco tutto-vegetale dei portali interni, le volute “rovesciate”, le decorazioni “a foglia di palma e d’acanto” su capitelli e peducci. Il portichetto, che segue l’androne, è delimitato da due colonne, dai cui capitelli emergono a tutto tondo i volti di S.Francesco D’Assisi e S.Francesco di Paola, del tutto simili a quelli su due colonne nella navata principale di Santa Croce. Le bugne “a cuscinetto” contraddistinguono anche le pareti dello scalone che conduce al piano nobile.

Il palazzo, nel corso del 1600 fu dimora di aristocratiche famiglie, tra cui quella del barone-poeta Girolamo Cicala. Nel 1700 fu dei Personé, che l’abitarono fino ai primi decenni dello Stato unitario. 

Nel 1952 l’immobile fu acquistato dalla Provincia di Lecce che, dopo il recente restauro, ha insediato gli uffici di Presidenza, con spazi per attività culturali.

Da non perdere

Gli stemmi sul portale testimoniano il succedersi delle famiglie che abitarono il palazzo: al centro l’arma settecentesca della famiglia Personé, a destra lo stemma dei Loffredo-Spinelli e a sinistra quello degli Adorno. 

In una nicchia a sinistra nell’androne di ingresso sono ancora visibili, sull’intradosso del piccolo arco, i frammenti di un affresco del pittore manierista salentino Gianserio Strafella. Realizzati tra il 1568 e il 1573, rappresentano l’Eterno Padre, storie della vita di Cristo e dei Santi, in particolare di San Giorgio e San Cristoforo.

Sempre nell’androne sfilano, come un album di famiglia inciso sulla pietra, le effigi dei signori a cui  è stato legato il palazzo, con preminenza di quelli della famiglia Loffredo. Il mezzobusto di Ferrante Loffredo, grazie al quale a Lecce si ricostruirono le Mura e il Castello, è inciso sul portale all’inizio della scalinata e sull’architrave di una finestra della facciata.

Curiosità & aneddoti

A rendere intrigante la storia del palazzo è la presenza nei sotterranei del palazzo di una falda acquifera proveniente dal fiume Idume che, generato da sorgenti carsiche, sbocca sul litorale leccese nel mare Adriatico. 

Nel 1998, durante i lavori di restauro del palazzo, è stato scoperto il frammento di un’epigrafe in caratteri ebraici del 1400, tratta da un brano del libro della Genesi, che recita: “Non è questa la casa di Dio?”.  Si tratta di un blocco in pietra che proveniva dalla vicina sinagoga, riutilizzato come architrave a copertura di uno scarico fognante, la cui faccia istoriata “per sfregio” dalla soglia del cielo ora guarda una latrina. Testimonianza dell’intolleranza verso la comunità ebraica  nella Lecce del 1500.

Il palazzo Adorno e il convento dei Celestini sono due fulgide architetture del passato, oggi sedi degli Uffici della Provincia di Lecce. 

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